Datemi una piazza e diventerà palcoscenico. Datemi un palo che pianterò nella piazza e lo adornerò di fiori d’ aranci e tralci di vite e diventerà scenografia. Datemi un paese intero con gli abitanti suoi che diventeranno essi stessi attori perché possano vedersi ed amare negli altri e nel piacere di stareassieme. Datemi tutto questo e sarà la Festa del Poggio. Negli anni 1950 i primi villeggianti avevano incominciano a frequentare Poggio dando forma di vocazione turistica elitaria al paese.
Sono i Barilla, gli Agnelli, i Singer, i Churcill, i Carena, i De Chirico, i Paolucci, i Rothschild, i Sutherland, i Duchi di Windsor, ma anche i Marconi, i Moschella, i Russo e Anna Maria Rimoaldi. “Pugginchi” e villeggianti assieme si trovano ad animare la sera dell’ultima domenica di agosto e si manifestano con allegria a quel pubblico seduto, come in un grande abbraccio, attorno allo spazio scenico
improvvisato nel centro della Piazza.
L’avventura, nel suo genere unica, di una Festa che ha coinvolto da allora generazioni di “attori” ha inizio nel 1960 con una goliardica e improvvisata sfilata
di “Alta Moda” nel piazzale antistante l’Albergo Monte Capanne con giovani e prestanti ragazzi che trasmutati in procaci “mannequins” indossano abiti dai titoli immaginifici; sfilata sottolineata dai compiaciuti applausi di uno spettatore d’eccezione Pierre Balmain il grande stilista parigino che da
poco ha eletto Poggio quale sede per le sue vacanze estive costruendo a valle una villa dal disegno innovativo e oggetto di studio per le future generazioni di architetti e dalle intrattenute allegre risate del grande attore Romolo Valli che al suo tavolo è ospite d’onore come lo sarà negli anni a venire assieme ad altri numerosi illustri personaggi della cultura e della politica e a centinaia e centinaia di spettatori.
Nel 1969 con la “messa in scena” del Don Chisciotte termina questo primo ciclo della
Festa del Poggio che sarà ripresa nel 1978. Con il finale dell’ingenioso Hidalgo e con le note cantate di “We shall overcome” in coro centinaia di spettatori seguono il volo di palloncini colorati che si
rincorrono a grappoli su nel cielo verso la luna e le stelle inseguiti da un fascio di luce portando con
se sogni leggeri verso un mondo migliore dove “tengo per fermo che sia presentemente a godere
nel cielo un’eterna felicità”. Era il 1969, erano gli anni dei “figli dei fiori” e si credeva in questo: “…un
giorno la spunteremo. Un giorno cammineremo mano nella mano. Un giorno vivremo in pace. Un giorno saremo tutti liberi. Oggi non abbiamo paura…”. A fine festa sulla scacchiera dipinta lungo la scalinata del Bar di Silvano gli “amici del Poggio” firmano la loro presenza a testimonianza dell’affetto verso il paese amato e a ricordo di un’estate che si allontana.
E a finire verranno anche quei “grappoli umani” di una gioventù spensierata che si ritrovava su quella scalinata con un bicchiere di buon vino, una chitarra anche solo per cantare in coro :” Il vino del Lavacchio fa cantare a chi ne beve più di un bel bicchiere, le gambe accascia e il capo fa girare. Chi dice che il Poggio non è bello soltanto le ragazze che ci stanno eppure i giovanotti son fatti a pennello”.
In the 1950s, the first holidaymakers who began to frequent Poggio were part of the economic, cultural elite of post-war Italy. “Pugginchi” (the inhabitants of Poggio) and holidaymakers used to get together in the evening of the last Sunday in August, sitting, as if in a wide embrace, around the make-shift stage in the centre of the square. In 1960, people remember a light-hearted, improvised fashion show in the square in front of the Hotel Monte Capanne with young, good-looking boys who dressed up as busty mannequins wearing dresses with fantastic titles; a fashion show highlighted by the enthusiastic applause of an exceptional spectator, Pierre Balmain, the great Parisian stylist who had recently chosen Poggio for his summer holidays: he had built a villa further down the valley with an innovative design that has become an object of study for generations of architects. In 1969, “Don Chisciotte” was staged. These were the years of the hippies and flower power and they believed in this: “ One day we shall overcome. One day, we shall walk hand in hand. One day, we shall live in peace. One day we shall all be free. Today we are not afraid…” There was a chessboard painted along the steps of Silvano’s Bar; at the end of the party, the “friends of Poggio” signed their presence as proof of their fondness for their favourite village and in memory of a summer that was coming to a close. “Human bunches” of carefree youths found themselves on that staircase with a glass of good wine and a guitar, making a date to meet up again the following year.