Mauro nacque con la sua gemella Laura il 10 ottobre del 1952. Era un bimbo biondo, bello e il volto di sovente si illuminava da un sorriso dolce e un po’ “sgrisciato”. Un’infanzia felice, la nostra, tra il villaggio dei Giornalisti a Milano, a due passi da via Gluck, Petriolli, il borgo medievale dove nacque babbo Mario, a casa di nonna Ida, e le Guberte, la grande fattoria dei Baratta, dove abitavano la nonna Teresa e il nonno “Bede” Alcibiade, a Campitello, a pochi passi dal fiume Oglio: generazioni di contadini. Mamma era bellissima e gentile, Babbo era intelligente, creativo e determinato: da Petriolli a Fermollo all’Istituto Tecnico, poi al Politecnico a Torino dove si laureò in ingegneria. Il primo trauma per tutti fu la poliomielite di Laura quando aveva appena tre anni. Per seguirla in ospedale mamma si allontanò da noi per più di sei mesi e per il piccolo Mauro quell’abbandono fu difficile. Da ragazzini giocavamo sempre in strada, soprattutto a pallone, dove Mauro era più deciso e intraprendente. All’oratorio e nella mitica Petriolese, giocava nel ruolo di “stopper”. Ma a mio fratello, di quattro anni più giovane, era toccato seguire le mie orme scolastiche, le medie al Parini, il liceo al Leonardo da Vinci. Forse il confronto non fu positivo, tutti gli ricordavano come fossimo diversi, irridendo la sua timidezza, nonostante il suo buon rendimento e il riconoscimento della sua sensibilità e intelligenza vivace. Resse l’indirizzo scientifico fino a quando la sua attitudine artistica non uscì allo scoperto. Fu un grande, da solo superò gli esami del quarto e quinto anno di liceo artistico, maturità compresa. Con i carissimi amici Belloli, Gianandrea e Oakland, nell’estate del 1964, approdammo all’Elba, a Marina di Campo, che eleggemmo subito come casa nostra. Nel 1966 acquistammo là dei terreni e nel 1968 furono completate le case. Il progetto dell’architetto fu stravolto da mio padre e anche noi figli partecipammo divertiti. Intanto Mauro cresceva, il più alto di tutti in famiglia, timido ma irresistibile, specie con le ragazze, bello e dai modi gentili. Ma, sin da adolescente, aveva sviluppato un proprio mondo interiore, un luogo intimo in cui amava rifugiarsi, che era però un nascondiglio pieno di inquietudini. I film di Antonioni e i libri di Sartre facevano emergere i temi dell’incomunicabilità, dell’alienazione e del disagio esistenziale, stati d’animo che mio fratello sentiva profondamente. Cominciò a frequentare l’Accademia di Brera ma nel 1976 fu chiamato per la leva militare, una dura prova per il suo spirito libero e anarchico. Cominciava comunque a inserirsi con soddisfazione nell’ambiente artistico milanese quando, nella primavera del 1978, comparvero i primi segni di un disturbo mentale, culminati in un primo tentativo di suicidio. Tutti gli sforzi della famiglia per curarlo si scontrarono con il suo rifiuto della malattia, ma anche con l’incapacità dei medici di capirlo e assisterlo. Da quel momento, a lunghi periodi creativi e positivi in cui lavorava intensamente, si alternarono crisi depressive. Lavorava anche come scenografo del Teatro della Scala di Milano, partecipando anche a tournée all’estero. Ma le crisi si fecero più frequenti e richiesero trattamenti farmacologici sempre più pesanti. La pittura diventava lo specchio del suo animo inquieto. I temi cambiarono: la figura umana si fuse nel paesaggio confondendosi tra le fronde e gli orizzonti slabbrati. Le sue periferie urbane, prima così spoglie e desolate, diventano paesaggi aperti, sereni, idilliaci, dove ritrovava la pace che aveva perso. Luoghi immaginari, apparizioni dai colori esotici, evanescenti e irraggiungibili come i miraggi. Il progredire della malattia rallentò la sua produzione, le cure lo avevano reso abulico e stranito, anche il suo aspetto era cambiato, smise di dipingere nel 1986. Mauro morì d’infarto qualche anno dopo, a soli quarantotto anni. Con lui, nella casa di Marina di Campo all’Isola d’Elba, c’era solo mamma Rina, che gli era sempre rimasta accanto, anche nei momenti più bui. La scorsa estate i suoi quadri sono stati ospitati dall’Associazione Culturale “Le Macinelle” a San Piero.
Mauro spent a happy childhood in Milan and then in 1964, his family bought a house in Marina di Campo where he spent his holidays. He faced the existential crises of adolescence, influenced by his sensitive, solitary character. He decided to go to Art school and attended the Brera Academy of Fine Arts. He worked as a set designer at La Scala, but in 1978, his depression drove him to an attempted suicide. As he began a course of treatment and misunderstandings, his paintings became more and more vague and infrequent as the medicines slowly destroyed his personality. He died in his home on Elba at only 48 years of age. The Cultural Association “Le Macinelle” in San Piero hosted an exhibition of his paintings.
Nach einer glücklichen Kindheit in Mailand und – ab 1964 – zahlreichen Sommer auf Elba, wo die Familie ein Haus in Marina di Campo kaufte, geriet Mauro in seiner Jugend in eine tiefe existenzielle Krise. Seine sensible und eigenbrötlerische Natur begünstigte diese innere Zerrissenheit. Er entschloss sich, die Kunstschule und später die Akademie der Schönen Künste in Brera zu besuchen. Eine Zeit lang arbeitete er als Bühnenbildner an der Mailänder Scala. Er litt an Depressionen die schließlich in einem Selbstmordversuch endeten. Es folgten Jahre der Therapie, begleitet jedoch von vielen Missverständnissen. Seine Malerei wurde zunehmend flüchtiger, sein künstlerischer Ausdruck entglitt immer mehr – während ein schleichender Drogenkonsum seine Persönlichkeit nach und nach zerstörte. Mauro starb im Alter von nur 48 Jahren in seinem Haus auf Elba. Zu seinem Gedenken organisiert der Kulturverein „Le Macinelle“ in San Piero eine Ausstellung seiner Werke.