Dobbiamo ammetterlo: il Novecento della produzione di massa, della distribuzione di massa, del consumo di massa e della globalizzazione non poteva che indurci ad un turismo di massa, con un approccio alla qualità fatto di gelidi standard e leve di marketing che trattavano le persone come numeri. In quel mondo, del secolo scorso, l’eccellenza delle destinazioni era testimoniata e misurata sul numero degli arrivi e delle presenze, con aumenti assoluti e percentuali più o meno significativi a glorificare l’operato di regioni, assessorati comunali e organizzatori di eventi vari. L’Italia intera, pensando al turismo, si è barcamenata da un grande evento all’altro (mondiali di calcio, giubilei, olimpiadi…) per aggiornare le infrastrutture e – tra l’uno e l’altro – sempre lì ad organizzare carnevali, festival, miss Italia e sagre. A ben guardare, il “Bel Paese” non è certo più quello del Gran Tour, né quello del “Viaggio in Italia” di Goethe: dal 1982 non è nemmeno più la prima destinazione turistica del mondo, scivolata al quinto posto con sorpasso di Stati Uniti, Francia, Spagna e Cina. La novità è che ora è tallonata da Turchia e Messico, pronte a scalare la classifica. Senza che nessuno si chieda come possa accadere, visto che decisori e classe dirigente non fanno che ripetere che “abbiamo l’80% del patrimonio culturale del mondo” (palesemente falso) e che “il turismo cresce”. Condivido una notizia: il turismo conta 1,4 miliardi di arrivi internazionali e cresce in tutto il mondo, ad un ritmo del 10%, con previsioni tali da superare la soglia psicologica e fisica dei 2 miliardi entro il 2030 (dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo e anche Banca Mondiale), con destinazioni sempre più globali che crescono del 25%, e altre dirette concorrenti nel bacino del Mediterraneo del 18% (in Egitto i turisti italiani sono cresciuti del 250%). Allora, se ci dicono che la nostra città o la nostra regione cresce del 3% dovremmo festeggiare? Oppure iniziare a considerare che stiamo crescendo molto meno della media? “Per forza” – mi fanno notare nelle fiere internazionali – da decenni vivete di rendita di posizione e non innovate le proposte: solo mare e città d’arte. Due segmenti deboli: il primo produce stagionalità e il secondo overtourism. Ecco fatto, tutto si spiega: se una destinazione è stagionale, non produce prosperità e non stimola gli operatori a innovare e qualificare; se è afflitta da flussi di turismo predatorio, raggranella qualche spiccio ma non genera sviluppo. Il fenomeno della cosiddetta turistificazione non è casuale: i luoghi dove il turismo è considerato un’attività fondamentale, infrastrutture e servizi vengono pensati, progettati e modificati ad uso e consumo dei turisti, a discapito di tutte le altre funzioni, finendo per descriversi ad attività estrattiva che desertifica il territorio, lo rende invivibile, lo uccide. Il troppo turismo modifica l’ecosistema urbano e naturale dei luoghi, trasforma il tessuto sociale, economico e culturale dei centri storici e danneggia l’ambiente e il paesaggio. In altre e più semplici parole, finisce per consumare e plastificare le stesse caratteristiche identitarie e comunitarie che la domanda dei mercati pone alla base dell’attrattività dei luoghi. Ovvero produce il paradosso di mettere a valore le caratteristiche di unicità e autenticità, finendo per cancellarle attraverso un meccanismo di appropriazione che copre sotto una coltre omologatrice i segni distintivi su cui si fondano. L’altro giorno, ascoltando il telegiornale, ho sbirciato il calendario e mi sono accorto di un vero grande evento straordinario: il Novecento è finito! Da 25 anni. Forse è il caso di tornare a studiare, per capire che nel frattempo il mondo è cambiato. E che il turismo è cambiato. Ora si chiama “economia dei visitatori”. Ed è una vera rivoluzione, di cui “Enjoy Elba” fa pienamente parte. Leggere per credere. E per non perdere il contatto… Italy is not only beaches and cities of art. There is a minor Italy, no less beautiful and rich in history, the one of the villages, the islands, the dialects, the inland areas that represent the real heart of the “Bel Paese” that was the destination of the Grand Tour in the 19th century and of Goethe’s “Italian Journey”. Too much tourism alters the natural urban ecosystem of places, modifies the social, economic and cultural fabric of historic centres and damages the environment and the landscape. It ends up degrading the characteristic identity of these regions, stifling the authenticity and originality, the enemy of tourist approval, of our offer of tourism. Travellers’ economy: we must rethink tourism, starting with the local communities, focusing on the wellbeing of those who live there and those who visit as tourists those fascinating places that are Italy’s true wealth. “Enjoy Elba and the Tuscan Archipelago” is the ambassador of this new way of experiencing tourism, recounting the stories, the people, the places, the crafts, good practices and good food. Read it to believe it. Italien ist weit mehr als Strände und kunsthistorisch bedeutende Städte. Es gibt auch ein anderes, weniger bekanntes, aber ebenso faszinierendes Italien – das der kleinen Dörfer, Inseln, Dialekte und ländlichen Regionen. Dieses Italien verkörpert die ursprüngliche Identität des Landes – jenes „Bel Paese“, das im 19. Jahrhundert Ziel der Grand Tour und der Italienreise Goethes war. Doch intensiver Tourismus beeinflusst zunehmend die städtischen und natürlichen Lebensräume – mit tiefgreifenden Folgen für das soziale, wirtschaftliche und kulturelle Gefüge der historischen Zentren. Umwelt und Landschaft werden belastet, die regionale Identität und Vielfalt geraten unter Druck. Damit ist die Authentizität gefährdet – jener Wert, der dem Massentourismus etwas entgegengesetzt. Tourismus neu denken – aus Sicht der Menschen vor Ort: Der Tourismus der Zukunft muss sich an den Bedürfnissen und dem Wohlergehen der lokalen Gemeinschaften orientieren. Nur wenn diese profitieren, können Orte lebendig bleiben – und gleichzeitig Besucher dazu einladen, sie mit Achtsamkeit und Respekt zu entdecken. Enjoy Elba and the Tuscan Archipelago versteht sich als Botschafter dieses zukunftsorientierten Tourismuserverständnisses. Im Mittelpunkt stehen Geschichten – über Menschen, Orte, Handwerk, gutes Essen und gelebte Werte. Lesen – und staunen.